Aleksandr Zinov'ev, Allegra Russia


Alzi la mano chi conosce Aleksandr Zinov'ev. Eppure resta molto singolare la figura di questo professore di Logica che, venuto in contrasto con il potere sovietico, è costretto a lasciare la sua cattedra di Filosofia all'Università di Mosca e il suo posto nell'Accademia delle Scienze dell'URSS, e a imboccare la via dell'esilio in Germania, prima di un suo definitivo ritorno in patria durante la perestrojka di Gorbaciov. Il suo libro più noto in Occidente resta Cime abissali (1976), un romanzo satirico che prende di mira la società e la politica sovietica, e che, pubblicato clandestinamente in Svizzera, ne decretò l'espulsione dal PCUS e il conseguente esilio. Come giornalista è autore di molti volumi sulla società sovietica e sul periodo staliniano, alcuni dei quali tradotti in italiano; mentre come poeta il suo libro più noto, anch'esso tradotto in italiano, resta Allegra Russia. Scene tratte dalla vita di un ubriacone russo, trad. it. a cura di E. Gori Corti e O. Cigada, Milano, SugarCo Edizioni 1989.
In questo volume il poeta assume il punto di vista di un alcolizzato per realizzare una satira spietata e feroce della Russia dell'era sovietica: dei suoi apparati, dei suoi rappresentanti, e soprattutto del Partito comunista (il famigerato PCUS), di cui si prende di mira soprattutto il falso perbenismo e la morale imposta ipocritamente (i ripetuti tentativi attuati dal governo sovietico di combattere l’alcolismo “educando” il popolo, i centri di disintossicazione, le botte, le commissioni e le milizie). 


Se un giorno non dovessi pagar quote,
Né ascoltare le chiacchiere più idiote,
Né annuire ai diktàt di mascalzoni,
Né studiar dei gran capi le orazioni...
Allora, è vero, non avrei motivo
Di non entrar nel Pcus anche da vivo.

Bere resta l’obiettivo più importante della vita, e il motivo che le dà un senso; al piacere dell’alcool si affiancano poi i piaceri della donna – meglio se effimeri –, quelli del cameratismo fra compagni di bevute, e in genere dell’amicizia. Il messaggio profondo della poesia di Zinov'ev è vivere la vita fino in fondo, assaporandone ogni goccia, accantonando i falsi obiettivi di vita o le false aspirazioni che una ristretta mentalità di Partito – ma in realtà di un’intera società, quella sovietica – tentava di imporre ai suoi cittadini. Dio compare di frequente, ma è un Dio che è sempre il protettore degli ubriaconi, a cui rivolgersi non per chiedere perdono dei propri peccati ma un miracolo che consista nel recuperare qualche rublo per comprarsi dell’alcool. I punti più alti della sua produzione poetica Zinov'ev li raggiunge tuttavia nel momento in cui tralascia il motivo propriamente satirico, e fa della sua poesia comica e ‘leggera’ un manifesto di vita, una visione del mondo: come in Requiem, dove il severo ammonimento è a godere della vita che passa, abbandonandosi ai piaceri, quali essi siano, prima che sia troppo tardi, e il buio della morte spenga per sempre la debole fiammella della vita.
Testo integrale di Allegra Russia (con commento) qui.

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